Campagna " Un Milione di Firme"per chiedere l'abolizione delle leggi discriminatorie nel confronto delle donne iraniane , è nata il 27 Agosto del 2006 con 52 firmatari chiedendo l'abolizione delle leggi discriminatorie nel confronto delle donne e l'uguaglianza delle leggi nei confronti delle donne e degli uomini in Iran . Noi ,un gruppo delle attiviste della Campagna "Un Milione di Firme " In Italia sosteniamo le nostre sorelle in Iran .
sabato 3 novembre 2012
Amnesty/ Nove detenute in sciopero della fame contro abusi
Iran, nove detenute in sciopero della fame per protesta contro i trattamenti degradanti
CS128: 02/11/2012
Nove prigioniere politiche e di coscienza detenute nel carcere di Evin, nella capitale iraniana Teheran, hanno intrapreso uno sciopero della fame per protestare contro i trattamenti degradanti e le perquisizioni corporali cui sono sottoposte dal personale femminile della prigione, che ha anche sequestrato effetti personali.
Le nove detenute intendono proseguire lo sciopero della fame fino a quando la direzione del carcere non presenterà scuse formali, garantirà che trattamenti del genere non si ripeteranno e restituirà i loro effetti personali.
Amnesty International ha chiesto alle autorità iraniane di proteggere tutti i detenuti dalle vessazioni e dai trattamenti degradanti, indagare sulle denunce delle nove donne e chiamare a rispondere i responsabili.
Un altro sciopero della fame è intanto in corso nella prigione di Evin. Nasrin Sotoudeh, avvocata per i diritti umani condannata a sei anni di carcere, rifiuta il cibo dal 17 ottobre per protestare contro il divieto di incontrare i parenti, compresi i suoi due figli, senza vetro divisorio, e di fare telefonate alla famiglia.
"Le autorità iraniane devono annullare il divieto di visite dirette in carcere e non adottare misure punitive nei confronti delle detenute in sciopero della fame, che hanno diritto a cure mediche fornite da personale medico competente in accordo coi principi di etica medica relativi alla confidenzialità, all'autonomia decisionale e al consenso informato" - ha dichiarato Ann Harrison, vicedirettrice del Programma Medio Oriente e Nordafrica di Amnesty International.
Tra le detenute in sciopero della fame, vi sono Bahareh Hedayat, Zhila Bani Ya'ghoub, Shiva Nazar Ahari, Mahsa Amrabadi e Zhila Karamzadeh-Makvandi. "Queste donne sono in carcere solo per aver esercitato pacificamente i loro diritti alla libertà d'espressione, riunione e associazione. Non solo non dovrebbero subire trattamenti degradanti, ma non dovrebbero neanche stare in prigione. Devono essere rilasciate immediatamente e senza condizioni" - ha commentato Harrison.
Bahareh Hedayat, attivista del movimento studentesco ed esponente della Campagna "Un milione di firme", per porre fine alla discriminazione contro le donne nelle leggi iraniane, sta scontando una condanna a 10 anni di carcere per "offesa al presidente", "offesa alla Guida suprema" e "riunione e collusione per commettere crimini contro la sicurezza nazionale".
Zhila Bani Ya'ghoub, giornalista pluripremiata e attivista per i diritti delle donne, ha iniziato a scontare il 2 settembre una condanna a un anno di carcere per "propaganda contro il sistema" e "offesa al presidente". Al termine della pena, scatterà il divieto di svolgere attività giornalistiche per 30 anni.
Shiva Nazar Ahari, giornalista, attivista per i diritti umani ed esponente del Comitato dei giornalisti per i diritti umani, sta scontando una condanna a quattro anni di carcere a causa del suo impegno in favore dei diritti umani.
Mahsa Amrabadi, giornalista, già finita in carcere per due mesi dopo le contestate elezioni presidenziali del 2009, sta scontando una condanna a un anno di carcere per "propaganda contro il sistema attraverso interviste e rapporti".
Zhila Karamzadeh-Makvandi, attivista del movimento delle Madri di parco Laleh (precedentemente conosciute come le Madri a lutto), sta scontando una condanna a due anni di carcere per "aver fondato un'organizzazione illegale con l'obiettivo di danneggiare la sicurezza dello stato". Le Madri di parco Laleh si battono contro le violazioni dei diritti umani, tra cui uccisioni illegali, arresti arbitrari, torture e sparizioni forzate, che hanno colpito molti dei loro figli nel corso delle proteste seguite alle elezioni del giugno 2009.