sabato 3 ottobre 2009

«Oltre alla bomba ci sono i diritti umani»



«Oltre alla bomba ci sono i diritti umani»

Venerdì 2 Ottobre 2009,

«Abbiamo bisogno della solidarietà degli europei. Ci fa sentire più forti. E chiediamo ai governi occidentali di non parlare con l’Iran solo di nucleare ma anche di diritti umani. L’Europa non pensi soltanto alla propria sicurezza, ma a quello che accade al mio popolo. Ascolti la voce degli iraniani, non quella del regime».
È duro l’appello lanciato da Shirin Ebadi, premio Nobel per la pace 2003, che oggi alle 17.30 partecipa a Venezia davanti a Palazzo Ducale, lato bacino di San Marco, a una manifestazione a sostegno delle "madri in lutto dell’Iran".
Ieri un gruppo di associazioni femminili e pacifiste veneziane ha srotolato nel municipio di Ca’ Farsetti un impressionante elenco lungo sei metri con quasi mezzo migliaio di nomi di vittime delle repressioni di questi mesi: la lista, ancora incompleta, si allunga di giorno in giorno. Epurata dai ranghi della magistratura dopo la rivoluzione del ’79, Ebadi, 62 anni, sposata e con due figli, è stata protagonista, anche come avvocato e docente all’università di Teheran, di trent’anni di battaglie per i diritti umani nel suo Paese dove continua a risiedere malgrado processi e condanne.

Chi sono le "madri in lutto"?
«Ogni sabato in uno dei parchi di Teheran, un gruppo di donne si riunisce in silenzio per esprimere il proprio dolore e chiedere la verità sulla sorte dei figli, arrestati, uccisi, fatti scomparire, torturati durante la repressione delle dimostrazioni contro il risultato delle elezioni del 12 giugno. Neppure questa forma di protesta è tollerata: vengono aggredite e malmenate, ma il sabato successivo ritornano».
Cosa avvenne a giugno?
«Un milione di persone parteciparono alle pacifiche proteste - siamo un popolo tranquillo - poi dal tetto di un palazzo governativo cominciarono a sparare, provocando molti morti. Seguirono retate. Cinque studenti furono uccisi e molti altri feriti in un attacco al dormitorio universitario. La madre di Ashkan Sorabi, 18enne (Ebadi mostra la foto) per 25 giorni girò in tutte le carceri, ma il nome del figlio non risultava. Alla fine all’Istituto di medicina legale le mostrarono un album di foto di cadaveri non identificati. La quarantesima era di Ashkan. Ecco, lei è una delle madri in lutto».
La repressione continua?
«Hanno arrestato, torturato a morte e anche violentato gli incarcerati. Volevano fermare le proteste ma gente non si è zittita. Due giorni fa all’apertura dell’anno accademico gli studenti hanno manifestato ancora. Ci sono stati altri arresti».
Che ne è stato dei candidati presidenziali che avevano sfidato Ahmadinejad?
«Uno, Rezaei, si è subito ritirato di scena. Gli altri, Mussavi e Kharrubi restano schierati apertamente col popolo e continuano a battersi, collaborando fra loro, pur tra molte limitazioni. Il quotidiano e lo studio di Kharrubi sono stati chiusi».
Il regime è compatto?
«Lo è il Consiglio dei Guardiani (i dodici teologi e giuristi che vigilano sulla conformità islamica delle leggi e vagliano le candidature), invece l’Assemblea degli Esperti (che elegge la Guida suprema) è divisa. Parte del clero è col governo e parte col popolo. È tenuto agli arresti domiciliari uno dei più eminenti e rispettati religiosi sciiti, tra i più ascoltati dal popolo iraniano: l’ayatollah Montazeri, 80enne. Era destinato a succedere a Khomeini, come Guida suprema, ma si dimise da tutti gli incarichi di potere 21 anni fa, nel periodo in cui, in una sola settimana, giustiziarono tremila oppositori. Scrisse in una memorabile lettera: "Sono arrivato sulle porte dell’inferno ma non sono entrato". E poi: "Questo regime non è più né islamico, né una repubblica"».

Parole amare, per uno dei fondatori del nuovo Iran, ma profetiche.
Maurizio Cerruti