venerdì 14 dicembre 2012

PREMIO SAKHAROV PER LA LIBERTÀ DI PENSIERO 2012: NASRIN SOTOUDEH E JAFAR PANAHI

Dal PDF Parlamento Europeo .................................................................................................................................................... PREMIO SAKHAROV PER LA LIBERTÀ DI PENSIERO 2012: NASRIN SOTOUDEH E JAFAR PANAHI Nasrin Sotoudeh è un avvocato impegnato nella difesa dei diritti umani, che attualmente sta scontando una condanna a sei anni di reclusione nel famigerato carcere di Evin per aver difeso tenacemente dissidenti arrestati nelle proteste di massa del 2009 contro le elezioni presidenziali che ritenevano fraudolente. I prigionieri politici volevano essere rappresentati da lei perché era così forte e coraggiosa da tenere testa alle autorità giudiziarie e agli agenti dei servizi segreti. Inoltre ella si oppone con decisione alla pena di morte per i minori. Sotoudeh, 45 anni, si trova in uno stato di salute precario a seguito di scioperi della fame in segno di protesta contro le pressioni nei confronti della sua famiglia e le dure condizioni di detenzione. In una lettera ai figli Mehrvaeh e Nima, pubblicata su persian2english.com, Nasrin ha detto di soffrire per non poter sentire le loro voci. “Accanto alle mie identità sociali e professionali, sono orgogliosa di essere una madre, specialmente di voi due”, ma “non voglio che i miei figli mi vedano in una condizione forzata, coercitiva e umiliante. Non voglio che i miei figli pensino che altri possano sottoporli a un atto illegittimo con un abuso di potere”. Le era stata negata una visita della famiglia per essersi rifiutata di indossare il chador, che, a differenza dell’hijab, non è obbligatorio per legge. Jafar Panahi è un regista cinematografico al quale è stato proibito di girare film per 20 anni. Sostenitore dichiarato del movimento verde di opposizione iraniano e critico nei confronti del presidente Ahmadinejad, egli è stato anche condannato a sei anni di reclusione per “propaganda contro la Repubblica islamica”. Ora vive in una sorta di limbo, non può lasciare il paese o contattare i media, però continua a lottare contro le restrizioni alla sua libertà di espressione. Ispirato dal realismo e da una prospettiva umanistica della vita, Jafar Panahi, 51 anni, ha puntato l’obiettivo sulle difficoltà della vita in Iran per i bambini, i poveri e soprattutto le donne dopo la rivoluzione islamica, incorrendo nell’ira e nella censura delle autorità iraniane. I suoi film, premiati a Cannes e a Venezia, sono vietati in patria e più di una volta gli sono costati la reclusione. Nel 2010 è stato arrestato insieme con la moglie, la figlia e 15 amici, tutti in seguito rilasciati. Nel 2011 ha girato Questo non è un film che lo ritrae seduto al tavolo della cucina a parlare con il suo avvocato, in attesa di essere incarcerato. Il film è stato fatto uscire dall’Iran di nascosto, copiato su una chiave USB all’interno di una torta, e presentato a sorpresa al Festival di Cannes. Per dirla con le parole del comico britannico-iraniano Omid Djalili: “È un dono, è una risata: la dice lunga sullo spirito dell’uomo”.